1912-Mines-de-Grottacalda-Enna-Sicilia-

1912-Mines-de-Grottacalda-Enna-Sicilia-

Art.Nr.1973

Le grandi miniere di zolfo di Floristella e Grottacalda, insieme alle altre più piccole della provincia di Enna, a partire dalla fine del Settecento sono state fonte di ricchezza economica di rilevanza europea, anche se spesso a prezzo di disumano sfruttamento degli operai. La miniera difatti, seppur tutt’oggi caratterizzata da una singolare bellezza, ricorda che la storia dei minatori è la storia di uomini che hanno affrontato per secoli fatiche disumane e umiliazioni inimmaginabili, e che tutto fa parte della storia siciliana.

Operai bambini all’ingresso di una solfara nel 1899

Fino alla prima metà dell’Ottocento l’attività estrattiva era basata sul duro lavoro manuale di migliaia di scavatori, anche bambini di 6 anni, che sopportavano le tremende condizioni di lavoro in cambio di una misera paga. Luigi Pirandello illustrò tale realtà nella sua novella Ciaula scopre la luna.

Le condizioni di lavoro dei minatori migliorarono in seguito con l’evoluzione dei processi estrattivi e con l’uso delle mine. In tale contesto, Agostino Pennisi barone di Floristella, iniziò a dare un volto imprenditoriale al processo di estrazione e lavorazione dello zolfo e fece erigere un pregevole palazzo, ancor esistente, che utilizzò come dimora di famiglia e come luogo di ricerca e sperimentazione Le miniere di zolfo cominciarono ad entrare in crisi a partire dagli anni trenta, quando furono date in gabella, anche se conobbero un rilancio a causa del secondo conflitto mondiale, e lo restarono fino al 1963. Alla fine degli anni ’60 furono acquisite dalla Regione, attraverso l’Ente minerario siciliano. L’ultimo dei tre pozzi verticali fu aperto negli anni ’70.

L’attività estrattiva però cessò definitivamente la produzione nel 1986 Seguì un lungo periodo di abbandono di tutte le strutture fino alla soglia degli anni novanta. L’area del complesso minerario era inoltre interamente attraversata dalla ferrovia Dittaino-Piazza Armerina-Caltagirone che vi aveva diverse stazioni; questa venne chiusa e rapidamente smantellata all’inizio degli anni 70.La miniera di Grottacalda durante la sua attività ospitava un gran numero di minatori. Ne sono testimonianza i ruderi dei caseggiati e delle officine e capannoni necessari all’attività mineraria, ancora visibili nel sito.

Della parte ipogeica della miniera sopravvivono tantissime bocche di pozzi di aerazione e di piani inclinati per le più primitive vie di accesso ed anche con i più moderni ascensori verticali azionati mediante gli argani elettrici o a vapore muniti di grandi strutture in legno e metallo.

Fanno da corollario alla zona mineraria, la masseria Roba Grande, un vero e proprio villaggio con corte al centro e cappella e la dismessa stazione ferroviaria di Grottacalda della linea Dittaino-Piazza Armerina.

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