1858-Passaporto in Nome di Leopoldo Secondo-Granduca di Toscana dato al Conte e Nobile Enrico Vittorio Fossombroni ,figlio di Vittorio,politico e poi Senatore

 

1858-Passaporto in Nome di Leopoldo Secondo-Granduca di Toscana

dato a Firenze al Conte e Nobile Enrico Vittorio Fossombroni,figlio di Vittorio,

politico e poi Senatore del Regno– firma di pugno

Art.Nr.1711

Dopo la caduta di Napoleone e l’avvento della Restaurazione, il Congresso di Vienna restituì la Toscana al deposto Granduca; questi, sia per riaffermare la linearità del periodo lorenese e la politica di tolleranza svolta durante il periodo francese, il 25 giugno 1814 chiamò Fossombroni a ricoprire l’incarico di presidente della commissione legislativa, per poi divenire, il 15 settembre, dopo il rientro di Ferdinando III a Firenze, segretario di Stato, ministro degli Esteri e direttore delle reali segreterie. Il politico toscano mantenne all’interno del Consiglio una netta superiorità, che diede l’impronta alla politica del Granducato almeno fino alla metà degli anni Trenta del XIX secolo. Infatti Fossombroni governò con fermezza e autorità, riportando in auge il precedente assetto istituzionale leopoldino, ma senza ripudiare del tutto le novità napoleoniche: revisionò il codice napoleonico, abolendo il divorzio, ristabilì le decime parrocchiali, nel 1815 restrinse le libertà municipali, con la nomina dei gofalonieri e di parte del Consiglio cittadino da parte del Granduca, difese lo Stato dalle ingerenze della Chiesa, vietando l’ingresso dei Gesuiti, conservò la pubblicità dei processi e mitigò i poteri della polizia, tanto che la Toscana fu di gran lunga lo Stato più tollerante, mite e liberale di quel periodo. In campo economico, Fossombroni ritornò ai criteri liberistici adottati da Pietro Leopoldo: dopo che, nel 1816, una spaventosa carestia si era abbattuta su tutta la penisola, fatto che aveva costretto a calmierare il prezzo del grano, il ministro toscano abolì i dazi e le gabelle sulle importazioni, favorendo lo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura, tanto da rendere il bilancio statale in attivo. Grazie alle nuove risorse, Fossombroni diede avviò ad una serie di lavori pubblici e di infrastrutture, come l’apertura di varie arterie stradali (per la valle tiberina, da Volterra a Siena, da Siena ad Arezzo) e la continuazione dell’opera di bonifica della Maremma, con lo scopo di estirpare la malaria e mettere a coltura nuove terre. Dopo la morte di Ferdinando III nel 1824, il suo successore Leopoldo II riconfermò Fossombroni nei suoi incarichi ministeriali, anche se agli occhi del granduca e del ceto dirigente toscano la sua popolarità andava sempre più diminuendo; infine, nel 1838, chiese e ottenne la messa a riposo dal servizio pubblico, riturandosi a vita privata e continuando a dedicarsi ai suoi studi di matematica e idraulica, che lo resero noto in tutta Europa. Proprio per questo, il celebre esploratore e scienziato tedesco Alexander von Humboldt nel 1842 lo propose per l’onorificenza prussiana dell’Ordine Pour le Mérite (classe di pace). Dopo questa onorificenza, l’ultima di una lunga serie di riconoscimenti, Vittorio Fossombroni si trasferì nel palazzo Fossombroni di Borgo Ognissantia Firenze nel 1835 dove vi morì il 13 aprile 1844: fu sepolto nella cattedrale di Santa Croce, in un mausoleo costruito con fondi pubblici. Lasciò nome e titolo ad Enrico Vittorio (18251893), figlio di Francesco Falciai e Vittoria Bonci, da lui presa in moglie nel 1832. Enrico Vittorio divenne deputato di Arezzo e senatore.

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