1840–Passport–”Leopoldo-Secondo-Granduca di Toscana”–Rilasciato al Dott.Filippo Corridi Professore di Geometrica all’Universita’ di Pisa che si trasferisce a Parigi—-Dato -a-Firenze

    1840–Passport–”Leopoldo-Secondo-Granduca di Toscana”–Rilasciato al Dott.Filippo Corridi Professore di Geometrica all’Universita’ di Pisa che si trasferisce a Parigi—-Dato -a-Firenze

                       Art.Nr.0725

Leopoldo II

Leopoldo II

Alla morte del padre nel 1824 Leopoldo II assunse il potere e subito dimostrò di voler essere un sovrano indipendente, appoggiato in questo dal ministro Vittorio Fossombroni, che seppe sventare una manovra dell’ambasciatore austriaco conte di Bombelles per influenzare l’inesperto granduca. Questi non solo confermò i ministri che aveva nominato il padre ma diede subito prova della sua sincera voglia di impegnarsi con una riduzione della tassa sulla carne ed un piano di opere pubbliche che prevedeva la continuazione della bonifica della Maremma (tanto da essere soprannominato affettuosamente “Canapone” e ricordato dai Grossetani con un monumento scultoreo collocato in Piazza Dante), l’ampliamento del porto di Livorno, la costruzione di nuove strade, un primo sviluppo delle attività turistiche (allora chiamate “industria del forestiero“) e lo sfruttamento delle miniere del granducato. Dal punto di vista politico, il governo di Leopoldo II fu in quegli anni il più mite e tollerante negli stati italiani: la censura, affidata al dotto e mite Padre Mauro Bernardini da Cutigliano, non ebbe molte occasioni di operare e molti esponenti della cultura italiana del tempo, perseguitati o che non trovavano l’ambiente ideale in patria, poterono trovare asilo in Toscana, come accadde a Giacomo Leopardi, Alessandro Manzoni,Guglielmo Pepe, Niccolò Tommaseo. Alcuni scrittori ed intellettuali toscani come Guerrazzi, Gian Pietro Viesseux e Giuseppe Giusti, che in altri stati italiani avrebbero sicuramente passato dei guai, poterono operare in tranquillità. È rimasta celebre la risposta del granduca all’ambasciatore austriaco che si lamentava che “in Toscana la censura non fa il suo dovere“, al quale ribatté con stizza “ma il suo dovere è quello di non farlo!“. Unico neo in tanta tolleranza e mitezza fu la soppressione della rivista “L’Antologia” di Gian Pietro Viesseux, avvenuta nel 1833 per le pressioni austriache e comunque senza ulteriori esiti civili o penali per il fondatore. Nell’aprile 1859, nell’imminenza della guerra franco-piemontese contro l’Austria, Leopoldo II proclamò la neutralità ma ormai il governo granducale aveva i giorni contati: in Firenze la popolazione rumoreggiava e le truppe davano segni di insubordinazione. Il 27 aprile, verso le quattro, davanti ad una grande folla tumultuante per le strade di Firenze e all’aperta rivolta dell’esercito, Leopoldo II partì in carrozza da Palazzo Pitti, uscendo per la porta di Boboli, verso la strada di Bologna. Aveva appena rifiutato di abdicare a favore del figlio Ferdinando. La pacifica rassegnazione al corso della storia (il Granduca non pensò mai ad una soluzione di forza) e le modalità del commiato, con gli effetti personali caricati in poche carrozze e le attestazioni di simpatia al personale di corte, fecero sì che negli ultimi momenti di permanenza in Toscana gli ormai ex sudditi riacquistassero l’antica stima per Leopoldo: la famiglia granducale fu salutata dai fiorentini, levantisi il cappello al passaggio, con il grido “Addio babbo Leopoldo!” e accompagnata con tutti i riguardi da una scorta fino alle Filigare, ormai ex dogana con lo Stato Pontificio. Alle sei pomeridiane di quello stesso giorno, il Municipio di Firenzeconstatò l’assenza di alcuna disposizione lasciata dal sovrano e nominò un governo provvisorio. Rifugiatosi presso la corte viennese, l’ex granduca abdicò ufficialmente solo il successivo 21 luglio; da allora visse in Boemia, recandosi a Roma nel 1869, dove morì il 28 gennaio 1870. Nel 1914 la sua salma fu poi trasportata a Vienna per essere sepolta nel mausoleo degli Asburgo, la Cripta dei Cappuccini.

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