PASSAPORTO. – Storia. –

  
Lasciapassare, salvacondotti, lettere patenti e carte di sicurezza fino all’epoca napoleonica erano, in realtà, più simili a dei moderni visti d’ingresso, perché consentivano ai viaggiatori di entrare in un territorio per un periodo limitato. È a partire con la Rivoluzione Francese e nell’era napoleonica che nascono i veri passaporti, che certificano l’identità di una persona elencando non solo il nome, la provenienza, la professione, ma anche i tratti somatici, che prima delle fotografie sono affidati a minuziose descrizioni.

Il nome è relativamente recente (indicò dapprima soltanto una licenza concessa a navi) e recente è pure l’adozione di tipi fondamentalmente uguali di passaporti, e carte equipollenti, da parte della maggioranza degli stati. Ma risalgono all’antichità, o fuse tra loro o distinte o aggiunte in clausole di carte di protezione, di scorta, di esenzione, tanto la pubblica autorizzazione scritta a liberamente spostarsi nel territorio dello stato (passaporto per l’interno) quanto il permesso al suddito di abbandonare il territorio o la concessione allo straniero di entrarvi e soggiornarvi (passaporti per l’estero). E, così pure, le pubbliche carte d’identità, rilasciate in relazione a quei viaggi. La funzione di esse fu, a seconda dei varî diritti, prevalentemente rivolta o a garantire la sicurezza dello stato o ad assicurare la libertà e la protezione dell’individuo.
Il carattere necessario o facoltativo, eccezionale o normale, generale o speciale, di questi permessi, dipende per ciascun ordinamento giuridico dalla condizione che la legge fa allo straniero (dove esso era considerato nemico, il passaporto assumeva il valore dell’odierno salvacondotto: così per il barbaro, non alleato né tributario, nell’Impero romano o per lo straniero infedele nell’Islām), dagli organi che lo emanano e dalla qualità della persona alla quale esso è rilasciato.
Gli atti pubblici che, nell’alto Medioevo, assicuravano l’ingresso e la dimora in uno stato, possono essere classificati secondo le autorità da cui emanano. Infatti, in qualche caso lo stato si impegna per trattato (come, p. es. quello russo-bizantino del 944) ad accogliere l’individuo dell’altro stato accreditato o presentato, mediante speciale carta d’identità, dal suo governo. Simili commendatizie avevano vigore nel Medioevo, anche senza bisogno di formale patto, presso governi amici e stati vassalli. Autorità superstatali (la Chiesa, e l’Impero rispetto agli stati soggetti) rilasciavano ai viaggiatori delle carte che assicuravano ingresso e libertà ovunque. Più frequente (anzi generale e necessario in alcuni stati, come, per esempio, sotto Rachis, nel regno longobardo) è però il permesso di ingresso rilasciato alle frontiere, dopo interrogatorio dello stesso stato ospite da parte dei commissarî (clusarii). Per il diritto longobardo lo straniero figurava affidato alla protezione del re. In parecchi ordinamenti il servizio era disimpegnato dagli organi amministrativi delle provincie di confine; ma speciali categorie di stranieri (così, p. es., i pubblici legati nell’Impero bizantino e in stati islamici) dovevano invece dipendere da organi centrali di polizia, ed essere scortate. Nell’età classica dell’immunità, certe categorie erano esenti da passaporti e da ogni altra formalità di polizia: così, p. es., già nei regni Carolingi, i “romei” e in genere i pellegrini per ragione di culto (sebbene singoli stati ponessero più volte restrizioni o non riconoscessero il privilegio). Col feudalizzarsi dei pubblici uffici e con la conseguente formazione di signorie feudali, gli organi di queste ultime rilasciano pure passaporti e salvacondotti, prevalendo tuttavia sui meri criterî di polizia lo sfruttamento fiscale del forestiero.
Quanto alla forma del passaporto, il capitolo 13 di Rachis, longobardo, parla di singrafe sigillata coll’anello regio, e sigillum è detto il permesso per i forestieri rilasciato nei secoli XII-XIII a Venezia e Pisa; bulletta a Genova. I connotati fisici del viaggiatore sono registrati già in un passaporto per l’Egitto rilasciato a un monaco francese dall’emiro musulmano di Bari, attorno all’867.
Accanto ai passaporti individuali, con o senza menzione di persone accompagnanti, esistono, frequentissimi nel Medioevo, i passaporti o salvacondotti collettivi, anche per categorie vastissime (come p. es. i mercatores di determinata nazione) sebbene spesse volte essi andassero integrati con carte d’identità individuali. Il permesso viene talvolta rilasciato a una nave, comprendendo tutti i passeggeri. Già prima del trattato russo-bizantino del 944, a Bisanzio si distingueva il passaporto diplomatico: al legato russo veniva rilasciata una crisobolla e al mercante una argirobolla. Anche riguardo alla durata, accanto a passaporti a tempo indeterminato, altri ve ne sono da rinnovarsi a scadenza (ogni tre anni pare dovesse rinnovarsi il passaporto per i mercanti anglosassoni nel regno longobardo-italico) e con durata anche limitatissima. Talvolta sono rilasciati per l’intero territorio dello stato, tal’altra soltanto per un viaggio a percorso determinato. Per il diritto bizantino e per l’islamico si hanno menzioni di apposite tasse per il sigillum, e per l’amān.
Anche più severi che per l’ingresso, si era nel concedere al suddito l’uscita dallo stato; si voleva reprimere la diserzione, la fuga dei debitori, lo spionaggio, ecc. Così nell’Egitto tolemaico non si poteva salpare dal Faro senza passaporto, sotto forma di ordine dell’autorità superiore ai funzionarî portuali; e tale prassi fu mantenuta anche dall’amministrazione romana. Nel regno longobardo era necessario un permesso regio (a Benevento, del duca). Le autorità provinciali pare concedessero, fin dall’alto Medioevo, permessi sostanzialmente equivalenti alle moderne tessere di frontiera. Infine, gli stessi viaggi all’interno, già nell’Impero romano furono assoggettati in più casi all’autorizzazione del governo; le sacrae litterae imperiali sono necessarie sotto Teodosio II (CodTh. VII, 16,1; 2), per il passaggio dalle provincie occidentali alle orientali; e, con Giustiniano, le norme di polizia regolano l’accesso a Costantinopoli. Nel regno longobardo la migrazione dell’arimanno era condizionata al permesso del re. Anche nei singoli distretti, corrispondentemente ai dazî interni, esistevano controlli di polizia e permessi di soggiorno. Dove gli advenaeerano oggetto di regalia, il documento ne assicurava l’immunità; e il permesso di libera circolazione figurò quindi assai spesso in ogni genere di carte di tuitio regia, o pubblica protezione: per ebrei, mercanti, ecc. Più di tutto si mirava a limitare l’arbitrio delle autorità locali e dei signori feudali, e perciò il permesso di libera circolazione fu spesso unito a diplomi di esenzione dai dazî, pedaggi, diritti di scorta, ecc.
In Italia, al fiorire dell’autonomia comunale corrisponde la fine del sistema di polizia confinaria e in genere di polizia degli stranieri, proprio del regno italico; ma nei maggiori comuni sorge un servizio di polizia, dislocato ai posti di transito, per il rilascio delle bullette ai forestieri, con facoltà discrezionali per l’esclusione degli indesiderabili (salvi i privilegi imperiali e ecclesiastici, e i trattati internazionali). Di conseguenza gli stranieri sollecitano spesso, preventivamente, le litterae securitatis, i salvacondotti. Il passaporto non fu tuttavia, in generale, indispensabile, né nel periodo comunale, né in quello delle signorie; ma, mentre il progressivo scomparire del diritto di albinaggio (v.) e i principî del nuovo diritto internazionale rendono inutili le garanzie per i diritti civili dello straniero, si diffondono invece (con l’intensificarsi delle preoccupazioni per la sicurezza dello stato e del sovrano, e con la creazione di sistemi, più complessi e tecnici, di polizia) le litterae passus con valore di passaporto politico. Nei rapporti tra stati marittimi, sono talvolta i capi delle colonie all’estero che rilasciano il passaporto per la madrepatria, precorrendo in questo le funzioni delle moderne autorità consolari. Inoltre, coi più regolari e continui rapporti diplomatici fra i varî stati, si fanno più frequenti le lettere commendatizie e le carte d’identità, rilasciate non solo a funzionarî e personaggi altolocati, ma ad ogni genere di sudditi viaggianti all’estero: da esse, formalmente, deriva il passaporto moderno.
In Francia, durante la rivoluzione, i passaporti per l’estero e l’interno furono dapprima aboliti, in omaggio ai principî di libertà individuale, ma poi ben tosto ristabiliti a tutela del regime. Nel sec. XIX si era venuto sempre più limitando il numero degli stati nei quali il passaporto era richiesto; ma tale tendenza subì un brusco arresto con la guerra mondiale
Diritto vigente. – Qualsiasi cittadino che intenda uscire dall’Italia dev’essere munito di passaporto rilasciato dalla competente autorità. Esso è un libretto di modello unico per tutti, quale che sia la ragione per la quale è richiesto. Il rilascio vien fatto in nome del re e, nel Regno, è effettuato dal ministro per gli Affari esteri e, per sua delegazione, dai prefetti o dai questori che a ciò siano specialmente autorizzati dal prefetto; all’estero, dai regi ufficiali diplomatici e consolari. Sullo stesso libretto possono essere iscritti col capo della famiglia, la moglie e i figli minori degli anni quindici. Il rilascio è subordinato al pagamento di una tassa di concessione comprensiva del costo del libretto, e che è ridotta per coloro che si recano all’estero per ragioni di lavoro. La validità normale del passaporto per l’estero è di un anno, ma può essere limitata a un periodo minore, o per un solo viaggio: se la durata della validità non supera i sei mesi, la tassa è ridotta. I passaporti scaduti possono essere rinnovati mediante dichiarazione apposta nello stesso libretto, previo sempre il pagamento della normale tassa di concessione.
Il passaporto si deve considerare come una di quelle autorizzazioni di polizia indicate dalla legge di pubblica sicurezza (testo unico 18 giugno 1931, n. 773) che sono sottoposte a norme generali. Esso, come tutte le autorizzazioni di polizia, ha carattere personale, non può essere concesso agli analfabeti o a coloro che hanno l’obbligo di provvedere all’istruzione elementare dei fanciulli e non dimostrino di avervi ottemperato; non può esser concesso a chi sia sottoposto ai vincoli dell’ammonizione, o a misure di sicurezza personali, o sia dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, o a chi abbia riportato condanne a pene restrittive della libertà personale per delitto non colposo e non abbia ottenuto la riabilitazione. Può essere negato a chi abbia riportato condanna per delitti contro la personalità dello stato o contro l’ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona, o per violenza o resistenza all’autorità o a chi non possa provare la sua buona condotta.
error: Attenzione , contenuto protetto .